La traduzione in italiano dell’intervista rilasciata al quotidiano croato Novi List dal prof. Giovanni Stelli, presidente della Società di Studi Fiumani, a proposito del libro “Storia di Fiume” pubblicato ora anche in lingua corata.
(Per gentile concessione della Società di Studi Fiumani)
1. La prima domanda riguarda il processo di scrittura che ha intrapreso nello scrivere il libro “Storia di Fiume”. Quando ha iniziato a scrivere il libro e il motivo per cui l’ha fatto?
Fu il giornalista e scrittore Paolo Scandaletti a propormi, nel dicembre del 2014, di scrivere una storia di Fiume. Scandaletti dirigeva allora la collana “Storie delle città” per la casa editrice Biblioteca dell’Immagine di Pordenone, collana che annoverava già una decina di titoli, tra cui una storia di Torino di Gianni Oliva e una storia di Venezia dello stesso Scandaletti. Dopo gli accordi con l’editore Giovanni Santarossa, lavorai per circa due anni al libro, che uscì nel gennaio del 2017.
La stesura di una storia di Fiume si è inserita in modo del tutto naturale nella attività di ricerca storica a cui mi dedicavo da molti anni nell’ambito delle iniziative scientifiche della Società di Studi Fiumani di Roma. Voglio ricordare che la Società di Studi Fiumani, di cui sono presidente dal 2017, venne fondata a Fiume nel 1923 nei locali dell’attuale Scuola superiore italiana (come ricorda una targa che abbiamo fatto apporre il 15 giugno 2019) e rifondata a Roma nel 1960 dopo l’esodo della maggior parte dei fiumani italiani provocato dalla politica repressiva del regime comunista jugoslavo. Anche la rivista di studi storici ”Fiume”, il cui primo numero era uscito sempre nel 1923 nella nostra città, riprese ad essere pubblicata a Roma e gode tuttora … di ottima salute.
Sul piano scientifico ho intrapreso questo lavoro perché profondamente convinto della necessità di superare un approccio di tipo nazionalistico alla nostra storia: gli opposti nazionalismi, infatti, hanno prodotto narrazioni storiche in cui la presenza dell’“altro” è stata sistematicamente cancellata, laddove il carattere specifico e originale di Fiume, così come di altre città e territori dell’Adriatico orientale, sta proprio nella convivenza secolare di lingue e culture, nel pluriliguismo e nel multiculturalismo.
Questa mia convinzione è maturata anche sulla base della mia storia personale: il cognome della mia famiglia, di lingua madre italiana, era in origine Stell (un cognome attestato nella zona di Veprinaz fin dal XIV secolo), mio nonno paterno Milossevich fu deputato autonomista alla Costituente dello Stato Libero di Fiume e venne perseguitato dai fascisti dopo il colpo di Stato del 3 marzo 1922, il nonno paterno fu repubblicano e dannunziano, la nonna paterna era una Budicin di Rovigno (Pino Budicin era cugino di mio padre), la bisnonna paterna una Fiorido di Valle d’Istria e potrei continuare … Una realtà quindi composita e plurale, che nessuna semplificazione nazionalistica è in grado di comprendere.
2. Per quanto riguarda la preparazione nell’intento di stendere su carta la complicata storia di Fiume di quali fonti ha fatto uso?
Per quel che riguarda la storia moderna, ho attinto in particolare alle fonti pubblicate a partire dal 1910 col titolo “Monumenti di storia fiumana” da Silvino Gigante, tra cui naturalmente i “Libri del Cancelliere” dal 1437 in poi. Per la storia contemporanea ho utilizzato, tra l’altro, l’Archivio Zanella, custodito nell’Archivio Museo di Fiume a Roma, un archivio finora poco esplorato dagli studiosi. Le fonti sono indicate nell’edizione croata della mia Storia di Fiume, che, sul piano scientifico, è migliore e più completa di quella italiana. Di fronte alle 330 pagine dell’edizione italiana quella croata ne conta ben 452: oltre al Proslov della presidente della CI di Fiume Melita Sciucca, che ha promosso e reso possibile la pubblicazione, ad una mia premessa per il lettore croato (Predgovor hrvatskom izdanju) e alla Postfazione (Pogovor) del traduttore e curatore Damir Grubisa, sono state aggiunte le note alla fine di ogni capitolo, un indice dei nomi e una bibliografia più ampia e aggiornata. Ho tenuto conto naturalmente della produzione storiografica croata – con l’aiuto del mio amico e collaboratore Marino Micich, ottimo conoscitore della lingua croata: dai classici – come Glavinić, Rački, Horvath, ecc. – agli studiosi contemporanei, tra cui Dubrović, Giron, Kovačić, Lukezić, Plovanić, Strčić, Karpowicz, Žerjavić, Sobolevski, Žić ecc.
3. Alcuni documenti che testimoniano la presenza degli italiani – fiumani a Rijeka si trovano nell’archivio di Udine, se non sbaglio, dove li stanno esaminando e analizzando. Cosa mi può dire su loro?
Nella mia introduzione ai lavori del recente Convegno scientifico internazionale La cultura italiana a Fiume: risvolti linguistici, letterari e storici – promosso a Fiume il 24 e 25 marzo di quest’anno dal Dipartimento di Italianistica della Facoltà di Lettere e filosofia dell’Università di Fiume insieme alla Società di Studi Fiumani in occasione del decimo anniversario della fondazione del Dipartimento e delle celebrazioni di Fiume Capitale Europea della Cultura – ho menzionato la Lettera del Capitano e dei Giudici di Fiume alla città di Cividale del 19 novembre 1445, custodita a Udine e, in fotocopia, anche nel nostro Archivio Museo Storico a Roma. Si tratta, a quanto mi risulta, del primo scritto in lingua italiana documentato, uno scritto di grande importanza che non è stato finora analizzato. Successiva di quattro anni, infatti, è la più nota Tariffa (o calmiere) del pesce stabilita dal Consiglio comunale di Fiume il 10 gennaio 1449, il cui testo, pubblicato in un saggio del 1910 di Guido Depoli, è stato puntualmente analizzato sul piano linguistico da Mirko Deanović nel 1965. Andrebbero peraltro studiati i rapporti tra Fiume e Cividale, che forse non furono solo episodici: esiste infatti almeno un’altra lettera, in latino (e anche di questa abbiamo la fotocopia nel nostro Archivio Museo), inviata dal Capitano e dai Giudici di Fiume alla città di Cividale il 13 gennaio 1375, settant’anni prima, quindi, di quella appena ricordata. Ritornando per un attimo al Convegno del 24-25 marzo, fortemente voluto dall’amica prof. Gianna Mazzieri-Sanković, capo del Dipartimento di Italianistica, voglio ricordare che stiamo lavorando alla preparazione degli Atti (20 relazioni di studiosi italiani, croati e ungheresi), che abbiamo intenzione di pubblicare nell’autunno di quest’anno.
4. Alla presentazione del libro avvenuta durante la giornata di San Vito a Fiume la dott. Tea Perinčić ha messo a punto alcune lacune intraviste nel testo riguardanti la formazione etnica della città. Mi può dare il suo parere riguardo questo tema?
La dott. Perinčić ha avanzato anche alcune critiche, in uno spirito peraltro di apertura dialogica e di confronto, sulla trattazione di Tarsatica e del periodo dell’Alto Medioevo, critiche di cui terrò senz’altro conto in una eventuale (e sperabile!) seconda edizione del mio lavoro. Così come terrò conto delle osservazioni e degli approfondimenti avanzati dagli altri relatori, gli amici Ervin Dubrović, Aljoša Pužar, Ilaria Rocchi e Damir Grubiša, a cui va in particolare la mia riconoscenza per il prezioso lavoro di traduzione e di cura del mio libro.
La formazione etnica della città è invece una questione complessa: non si tratta essenzialmente di dati e di confronti quantitativi, bensì di una questione, per così dire, categoriale. Il grande filosofo Kant diceva che le categorie, ossia i concetti generali attraverso i quali guardiamo e interpretiamo la realtà, sono come lenti colorate; dal colore di queste lenti dipende quindi il modo in cui vediamo il mondo. Nel caso che ci interessa, fondamentale è avere le lenti “giuste”: quale concetto di nazione (e di nazionalità) ci consente di capire al meglio una realtà come quella di Fiume? se prendiamo le mosse da una concezione culturale della nazione, dall’idea di Kulturnation (per usare il termine dello storico tedesco Meinecke), che nulla ha a che fare con l’appartenenza statale, siamo, a mio parere, sulla strada giusta. Se invece assumiamo l’idea di nazione tipica dei vari nazionalismi, per cui nazione e Stato devono di necessità coincidere, ci allontaniamo dalla comprensione della realtà e non solo di quella fiumana. Ancora peggio vanno le cose se adottiamo una visione etnicistica della nazionalità, per cui a determinare la nazionalità sarebbe l’origine etnica (in ultima analisi, biologica) indipendentemente dalle scelte culturali. Mi sembra chiaro che quest’ultimo approccio non è in grado di cogliere la ricchezza e la complessità di una realtà storica come quella di Fiume e, più in generale, di quella vasta area europea un tempo sotto la sovranità politica dell’Impero asburgico. L’italianità di un fiumano così come la croaticità di un nativo di Zagabria non è in prima istanza un dato etnico, bensì culturale. Il grande letterato romantico croato Šenoa era figlio di padre tedesco (il cognome in origine era Schönoa) e di madre slovacca, ma la sua appartenenza alla lingua e alla cultura croate sono ovviamente fuori discussione. Alla fine degli anni Novanta del secolo trascorso ebbi modo di conoscere il prof. Ivo Padoan, allora presidente dell’Accademia croata delle scienze e delle arti (lo è stato dal 1997 al 2003), di ovvia nazionalità culturale croata, nonostante il cognome di evidente origine veneta. Potrei moltiplicare gli esempi (il grande storico italiano Federico Chabod aveva un cognome e un’origine francese), ma mi limito a nominare, per quel riguarda Fiume, il caso emblematico di Michele Maylender, il fondatore dell’Associazione Autonoma nel 1896: sei volte podestà di Fiume, deputato fumano al Parlamento ungarico, Maylender era un ebreo di origine ungherese, con un cognome tedesco (in cui la prima «e» era il risultato dell’italianizzazione dell’originaria «ä» con l’Umlaut) e di nazionalità culturale italiana, al punto da scrivere una monumentale “Storia delle Accademie italiane” in cinque volumi, che fu pubblicata postuma dall’editore Cappelli di Bologna dal 1926 al 1930 e costituisce ancora oggi un’opera di riferimento.
5. Sta lavorando su un altro libro su Fiume oppure su un altro progetto riguardante Rijeka? Quale?
Come ho già accennato, in questo momento sto lavorando, insieme al nostro archivista e storico Emiliano Loria e agli amici del Dipartimento di Italianistica dell’Università di Fiume, agli Atti del Convegno del 24-25 marzo 2022. Nel corso del 2023, anno del centenario della Società di Studi Fiumani, avremmo in programma alcune iniziative per ricordare degnamente appunto Michele Maylender, con un Convegno su questo grande intellettuale e politico fiumano, ingiustamente dimenticato, e magari riproponendo la ristampa della sua opera sulle Accademie. Sono in corso a tal riguardo contatti con l’Accademia di studi classici “Vivarium Novum”, con cui collaboro in ambito filosofico e il cui presidente Luigi Miraglia ha dimostrato interesse per questa proposta. Come diciamo in Italia: se son rose, fioriranno … Un mio sogno sarebbe scrivere la storia dell’Associazione autonoma fiumana, mostrando come la secolare idea e pratica dell’autonomia municipale, sancita dagli Statuti del 1530 e dal Diploma teresiano del 1779, abbia assunto un’espressione politica nell’Associazione autonoma proprio, e non a caso, alla fine dell’Ottocento ossia in un’epoca di sviluppo, in forme sempre più radicali, degli opposti nazionalismi. Con la sua idea di nazione culturale l’autonomismo fiumano costituì all’epoca un fecondo anacronismo ed oggi torna di attualità, come un fiume carsico, in una Europa unita che sul superamento dei nazionalismi si è costituita e che solo sul rispetto delle differenze linguistiche e culturali, che caratterizzano la sua storia secolare, può e deve consolidarsi e progredire.
6. Per finire può inviare un messaggio a tutti i lettori del suo libro – sia nella versione originale scritta in italiano, sia di quella tradotta in croato da Damir Grubiša?
Credo che il messaggio, coerentemente con il proposito di fondo che mi ha guidato nella stesura di questa storia di Fiume, possa essere il seguente: nell’attività scientifica – ma anche nella vita ordinaria, nei nostri molteplici rapporti umani – dobbiamo guardarci da quei “terribili semplificatori” di cui parlava già negli anni Ottanta dell’Ottocento il grande storico Jakob Burckhardt e che le ideologie del secolo XX – nazionalismo, fascismo, nazismo e comunismo – hanno purtroppo generato in abbondanza. Fiume, così come gli altri territori dell’Adriatico orientale (ma il discorso potrebbe essere esteso a tante altre realtà dell’Europa orientale), è stata vittima di una semplificazione etnica e culturale devastante, caratterizzata dalla negazione sistematica dell’«altro», che ha portato allo stravolgimento della caratteristica storica essenziale della città ossia la secolare compresenza e reciproca influenza di più lingue e culture, tra cui in particolare l’italiana e la croata. Possiamo oggi recuperare insieme questa storia in uno spirito di dialogo autentico, che non significa naturalmente uniformità di posizioni (impossibile, anzi dannosa), ma confronto aperto e senza pregiudizi ideologici. La fedeltà al logos, ossia alla ragione, è, come ci hanno insegnato i Greci, sempre e nello stesso tempo fedeltà al dia-logos, al confronto razionale sereno e costruttivo.
7. Alle recenti elezioni ha vinto G. Meloni. Alcune sue “rivelazioni” di alcuni anni fa riguardo l’Istria e la Dalmazia in Croazia hanno fatto “bollire” le reazioni di alcuni politici. Lei come esule come vede la situazione riguardo la Meloni?
La coalizione di centro-destra ha vinto le elezioni in Italia per una serie di motivi che non è possibile qui analizzare, ma che certamente nulla hanno a che fare con i rapporti italo-croati. Credo che le “dichiarazioni” della Meloni sull’Istria e la Dalmazia siano notizie vecchie e inattendibili, di cui non sono riuscito a trovare traccia. Di questa opinione sono anche Furio Radin, vicepresidente del parlamento croato, che ha detto «le presunte intenzioni revansciste della Meloni sono solo fantasie», e il presidente dell’Unione Italiana Maurizio Tremul, che ha parlato di «tempesta in un bicchiere d’acqua». Con il nuovo governo italiano, con ogni probabilità presieduto da Giorgia Meloni, non dovrebbe esserci alcun cambiamento, per quanto è possibile prevedere, nei già buoni rapporti tra Italia e Croazia impegnate entrambe in una fattiva politica di collaborazione nell’area adriatica e per la tutela delle minoranze all’interno dell’Europa unita. Come presidente della Società di Studi Fiumani farò presente al nuovo governo i buoni rapporti che abbiamo col comune di Fiume-Rjeka e le iniziative da noi intraprese in comune con la minoranza italiana e con le istituzioni e gli amici della maggioranza croata.