A Brescia in ottobre il Seminario nazionale per docenti sul Confine Orientale

Dal 2 al 4 ottobre la città lombarda ospiterà il XIV Seminario nazionale dal titolo: “Luoghi, date e simboli della memoria della Frontiera Adriatica”. E’ rivolto a dirigenti e a docenti delle scuole di ogni ordine e grado.

A carico dell’organizzazione sia il viaggio che la permanenza. I posti disponibili sono solo 50 e per iscriversi è necessario usare questo link https://forms.gle/u672DLthrt91R2n1A

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A Trieste il cinema di Quarantotti Gambini

Si apre la mostra dedicata allo scrittore e giornalista istriano Pier Antonio Quarantotti Gambini, con un focus sul suo rapporto con il mondo del cinema. In esposizione documenti del suo prezioso archivio personale.

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https://www.comunicati-stampa.fvg.it/quattro-passi-nel-cinema-di-pier-antonio-quarantotti-gambini-al-teatro-miela-e-nei-locali-della-casa-del-cinema-inaugurazione-venerdi-28-luglio/

Ecco la trama del nuovo film RAI sull’esodo istriano

In programma nel palinsesto 2023/2024 si chiamerà LA ROSA DELL’ISTRIA

Liberamente ispirato al romanzo Chi ha paura dell’uomo nero? di Graziella Fiorentin, il tv movie con Andrea Pennacchi (diretto da Tiziana Aristarco), La rosa dell’Istria racconta il dramma dell’esodo istriano. Dopo l’annuncio alla radio del Maresciallo Badoglio, l’8 settembre del 1943, che dichiara la resa del Paese agli inglesi e agli americani, l’esercito italiano è allo sbando. La popolazione istriana resta priva di ogni difesa mentre il generale Tito e i suoi partigiani avanzano con le mire di pulizia etnica per annettere il territorio istriano alla Jugoslavia e i tedeschi si riorganizzano insieme alle milizie della Repubblica sociale. Al centro del racconto c’è la famiglia Braico, costretta ad abbandonare per sempre l’Istria e la loro casa.

La famiglia Braico, insieme ad altri compaesani, è costretta ad abbandonare per sempre la sua Istria e la sua casa.
Dopo una rocambolesca fuga in treno in cui suo fratello Niccolò sembra aver perso la vita e il suo primo amore Miran fugge deciso ad abbracciare la causa titina, Maddalena, straziata dal dolore, insieme alla sua famiglia trova ricovero presso gli zii in Friuli. Ma i Braico, come tanti istriani, sono profughi e, in quanto tali, considerati stranieri nella propria terra e accusati di portar via ai locali lavoro e pane. Affetti e i pochi beni abbandonati per una patria che non li vuole. Ma la vita riserva sempre sorprese: Maddalena conosce Leo, un ragazzo misterioso e affascinante. E con lui recupera briciole del suo passato felice. Amante dell’arte anche lui, convince Maddalena a riprendere a dipingere e la sprona a far sbocciare il suo talento. Ed è sempre con Leo che Maddalena per caso una sera guardando un cinegiornale riconoscerà suo fratello Niccolò in un servizio sui campi profughi. Denutrito, sofferente, ma ancora vivo. Una piccola storia, quella di Maddalena, capace però di raccontare il dolore e il coraggio di molti esuli nell’Italia di quegli anni.

Nella foto la regista del film Tiziana Aristarco

I vertici dello Stato ricordano il sacrificio del fiumano Andrea Millevoi a Mogadiscio. A Roma la commemorazione.

Nel trentesimo anniversario della Battaglia del “Pastificio” del 2 luglio 1993 in cui tre militari Andrea Millevoi, Stefano Paolicchi e Pasquale Baccaro del contingente di pace italiano persero la vita durante un cruento attacco, lo Stato italiano si è unito nel ricordo di questo sacrificio.

Nato a Roma nel 1972 da Elvio esule fiumano e dalla madre Antonietta D’Amico, Andrea Millevoi era nelle Forze Armate da un anno e mezzo. Martedì 4 luglio alle ore 18:00 in Roma si terrà una commemorazione presso il Cippo dei Caduti giuliano-dalmati sulla Via Laurentina al Quartiere degli Esuli e poi all’Archivio Museo storico di Fiume in Via Antonio Cippico. Saranno presenti i genitori di Andrea.

Il presidente Mattarella, in questa ricorrenza, si è così espresso. «Nella ricorrenza del trentesimo anniversario della Battaglia del “Pastificio”, rivolgo un deferente pensiero alla memoria dei tre soldati italiani, parte di un contingente delle Nazioni Unite, che persero la vita in terra somala, per contribuire a ripristinare la pace in un Paese stremato da anni di guerra civile, di carestia e di pestilenze.
In quel 2 luglio 1993, nel corso di una operazione di ricerca di armi nascoste da miliziani, soldati di leva operarono fianco a fianco con le forze speciali in un ambiente complesso e ostile, affrontando un soverchiante avversario con grande coraggio, meritando la concessione di quattro Medaglie d’Oro al Valor Militare per meriti individuali.
Nelle ore dei combattimenti si susseguirono innumerevoli atti di eroismo frutto di un alto senso dell’onore militare e del dovere, segnando una pagina di grande significato per il nostro Paese e l’intera Comunità internazionale.
Agli uomini impegnati nell’operazione la Repubblica guarda con ammirazione e rispetto e il loro atto eroico rimane esempio per tutti coloro che servono in armi l’Italia.
Con questi sentimenti, il Paese si stringe oggi ai familiari dei caduti e dei feriti con riconoscenza»
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La Premier Meloni ha reso pubblico il suo comunicato: “Sono trascorsi trent’anni dalla tragica battaglia del ‘Checkpoint Pasta’ a Mogadiscio. Il 2 luglio 1993, miliziani somali attaccarono una colonna del contingente nazionale italiano impegnato nella missione condotta sotto egida ONU per garantire l’arrivo degli aiuti umanitari al popolo della Somalia, ridotto alla fame e alla sofferenza dalla lotta di potere tra fazioni tribali. Tre giovani e valorosi militari italiani – il Sottotenente Andrea Millevoi, il Sergente Maggiore Stefano Paolicchi e il Caporale Pasquale Baccaro – caddero vittime dell’attacco. Altri trentadue rimasero feriti, alcuni dei quali anche molto gravemente. Uno di loro, il Tenente Colonnello Gianfranco Paglia, perse l’uso delle gambe ma in questi anni non ha mai fatto venire meno il suo impegno per mantenere vivo il ricordo di quello che è successo e dei suoi commilitoni. Nel trentennale di quel tragico evento il Governo onora la memoria dei caduti e si stringe con affetto ai loro famigliari e ai loro cari. Oggi ribadiamo il nostro ringraziamento per tutti i militari che servono la Patria e le Istituzioni e tengono alto il Tricolore nel mondo, mettendo anche a rischio la propria vita nell’assolvimento del dovere e per contribuire a portare pace, sicurezza e stabilità negli scenari più complessi.”

Ignazio La Russa, Presidente del Senato: “In occasione del 30° anniversario della battaglia del ‘Checkpoint Pasta’ avvenuta a Mogadiscio il 3 luglio 1993, desidero rendere omaggio al sacrificio e al valore del contingente italiano che operando sotto l’egida dell’Onu venne attaccato dai miliziani somali. In quella battaglia tre nostri militari – il Sottotenente Andrea Millevoi, il Sergente Maggiore Stefano Paolicchi e il Caporale Pasquale Baccaro – persero la vita e oltre una trentina rimasero feriti, alcuni in modo molto grave. E’ nostro dovere tenere vivo il ricordo loro e dei tanti militari che nelle missioni internazionali di pace antepongono sempre la Patria e il bene altrui alla propria vita. A questi ragazzi e a queste ragazze in divisa va il mio deferente pensiero e la mia profonda e commossa gratitudine“.

Lorenzo Fontana, Presidente della Camera: “Desidero rendere il mio deferente omaggio alla memoria e al sacrificio dei militari italiani caduti il 2 luglio di trent’anni fa nella battaglia del ‘Checkpoint Pasta’ di Mogadiscio. Ricordiamo con riconoscenza e gratitudine il Sottotenente Andrea Millevoi, il Sergente Maggiore Stefano Paolicchi e il Caporale Pasquale Baccaro, che persero eroicamente la vita nel corso della missione condotta sotto l’egida dell’Onu per garantire l’arrivo degli aiuti umanitari al popolo della Somalia. Rinnovo ai familiari e ai nostri militari feriti le espressioni della più sentita solidarietà e vicinanza“.

Guido Crosetto, Ministro della Difesa alla Santa Messa Commemorativa: “Oggi ricordiamo i nostri Caduti a Mogadiscio del 2 luglio del 1993, un episodio che racconta il coraggio dei soldati italiani e della continuità con cui l’Italia si è sempre adoperata per aiutare Paesi amici, bisognosi di sicurezza, libertà, pace. Siamo qui per evitare che il ricordo svanisca, per onorare la memoria di quegli uomini. Ricordiamo con commozione, riconoscenza, rispetto il Sottotenente Andrea Millevoi, il Sergente Maggiore Stefano Paolicchi, il Caporale Pasquale Baccaro, insigniti di Medaglia d’Oro al Valor Militare, caduti eroicamente sul campo. Esprimiamo la nostra vicinanza a tutti coloro che, nonostante le gravi ferite riportate, sono ritornati in salvo alle loro famiglie e ai loro affetti, anche grazie all’eroismo di chi era al loro fianco. Persone come quelle che oggi ci onorano della loro presenza: il Ten. Col. Gianfranco Paglia, Medaglia d’Oro al Valor Militare; il Generale Paolo Riccò, medaglia d’Argento al valor Militare, allora al comando della XV Compagnia paracadutisti Diavoli Neri. La nostra sicurezza è frutto del loro coraggio e i nostri militari sono davvero fra i migliori ambasciatori dell’Italia nel mondo, dell’Italia migliore: ambasciatori di sicurezza e di libertà, perché senza sicurezza non c’è libertà.

La motivazione della Medaglia d’Oro al Valor Militare concessa ad Andrea Millevoi, ripercorre quei tragici momenti: «Al S. Ten. c. cpl. ANDREA MILLEVOI, nato a Roma, il 4 Febbraio 1972.
“Comandante di plotone blindo pesanti “CENTAURO”, inquadrato nel contingente italiano inviato in Somalia nell’ambito dell’operazione umanitaria voluta dalle Nazioni Unite, partecipava con il 183° rgt. par. “NEMBO” al rastrellamento di un quartiere di Mogadiscio. Nel corso dei successivi combattimenti, proditoriamente provocati da miliziani somali, con perizia ed intelligenza concorreva, con le forze alle sue dipendenze, allo sganciamento di alcuni carri rimasti intrappolati nell’abitato.
Dopo avere scortato un mezzo adibito allo sgombero di alcuni militari feriti, si riportava nella zona del combattimento e, incurante dell’incessante fuoco nemico, coordinava l’azione dei propri uomini e contrastava personalmente, con l’armamento leggero di bordo, l’attacco nemico.
Per conferire più efficacia alla sua azione di fuoco, si sporgeva con l’intero busto fuori dal mezzo esponendosi al tiro di un cecchino che lo colpiva mortalmente.
Cadeva con le armi in pugno, offrendo un chiarissimo esempio di coraggio, determinazione, assoluto sprezzo del pericolo ed elevatissimo senso del dovere sublimato dal supremo sacrificio”.
Mogadiscio, 2 Luglio 1993»

Nelle acque di Umago il recupero di una barca cucita a mano 3000 anni fa, la più antica trovata nel Mediterraneo.

Parte il 2 luglio il cauto sollevamento a Zambrattia di un’antichissima imbarcazione impermeabilizzata con le tecniche di cucitura dell’epoca, ai primordi della cantieristica istriana e dalmata. Il processo di rimozione e restauro sarà però lunghissimo.

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https://tecnologia.libero.it/sotto-mare-antico-relitto-storia-incredibile-72818

Berlusconi e il Giorno del Ricordo

Affidatosi negli ultimi anni a Twitter e Instagram, Berlusconi propose l’ultima approfondita riflessione sul Giorno del Ricordo delle Foibe e dell’Esodo giuliano dalmata il 10 febbraio 2017, poi ripresa più volte e che qui riportiamo integralmente.

“Quando nel 2004 il nostro governo sostenne in Parlamento l’approvazione della legge che istituiva il Giorno del Ricordo delle vittime delle foibe sentivamo forte il dovere di mantenere viva l’attenzione su una dolorosa e tragica vicenda che non è di pochi, ma che riguarda l’intero popolo italiano: non soltanto le vite umane perdute, ma “l’Esodo istriano”, esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra.

Quando in una famiglia qualcuno soffre, l’intera comunità familiare ne è colpita. Lo stesso vale per le violenze e le sofferenze patite dai nostri esuli.

In quella stagione il comunismo e il nazionalismo più cieco e ottuso unirono i loro effetti criminali ai danni di innocenti che non avevano altra colpa se non di essere italiani. Una tragedia per molto tempo volutamente cancellata, sulla quale la sinistra comunista in Italia fece calare una totale cortina di silenzio.

Settanta anni dopo vogliamo ribadire la nostra vicinanza a tutte le famiglie Italiane che hanno sofferto e garantire a loro e ai loro familiari che il loro ricordo rimane.

Conservare la memoria è, per definizione, un compito che non ha mai fine e che deve impegnare le generazioni future: perché senza storia, senza memoria, non si costruisce futuro né si evita che gli errori e gli orrori del passato possano, Dio non voglia, ritornare.

Non è un rischio teorico: sotto nuove spoglie, l’eco delle dottrine illiberali del ‘900, nazionalsocialismo e comunismo, si riaffaccia nelle nuove forme di odio verso la nostra civiltà occidentale, democratica, tollerante. Anche per questo ricordare la tragedia delle terre giuliano-dalmate non è solo un doloroso omaggio al passato, ma un doveroso monito per il futuro.”

Ragusa di Dalmazia: la quinta repubblica marinara

Manca l’effige di Ragusa (in croato Dubrovnik) sulla bandiera della Marina Militare italiana. Una vicenda di secoli, conclusasi con la slavizzazione della città.

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La Slovenia abolisce il Giorno del Ricordo e vuole Mattarella ad Arbe

Il nuovo corso politico in Slovenia cancella il Giorno del Ricordo delle vittime di Tito e invita il presidente Mattarella al campo italiano di concentramento ad Arbe.

La Società di Studi Fiumani, nel comunicato che riportiamo, definisce con precisione questa deriva e gli errori che non si possono commettere.

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SLOVENIA: Abolita il 17 maggio u.s. la “Giornata nazionale in Ricordo della violenza comunista: una parte delle vittime tornano nell’oblio?!

Tra i primi effetti di questa abolizione notiamo un’ultima proposta della Presidente della Slovenia Nataša Pirc Musar al Presidente Mattarella, affinché il “processo di riconciliazione” preveda ora una visita al Campo di concentramento italiano nell’isola dalmata di Arbe, ma da parte italiana tale proposta andrebbe bilanciata con almeno due visite ufficiali: la prima alla foiba di Pisino in Istria e la seconda all’ex lager jugoslavo di Borovnica in Slovenia.

 di Marino Micich

La recente visita della nuova Presidente della Slovenia al Quirinale

La nuova presidente della Repubblica di Slovenia Nataša Pirc Musar è stata ricevuta il 19 maggio u.s. al Quirinale dal presidente italiano Sergio Mattarella con piena amicizia e spirito di collaborazione europeo. In sostanza, durante l’incontro tra i due presidenti, sono state proposte nuove e interessanti iniziative da intraprendere, ma si è parlato anche del “processo di riconciliazione” in corso tra i due Paesi, che aveva raggiunto momenti solenni a Basovizza il 13 luglio 2020 con l’incontro e il gesto “della mano nella mano” tra il presidente Mattarella e l’ora ex presidente sloveno Borut Pahor, presso i due memoriali presenti in zona

Mattarella – Pahor a Basovizza (foto Il Piccolo)

Al di là di essere pienamente concorde con l’iniziativa di sviluppare sempre più i rapporti di collaborazione economica e culturale con la Slovenia e di conferire maggiori tutele e riconoscimenti alle reciproche minoranze, un fatto, però, lascia perplessi che riguarda il tema storico-culturale. In particolare mi riferisco alla storia più recente del “900 e quindi all’annullamento avvenuto in Slovenia della “Giornata nazionale in ricordo della violenza comunista” che ricorreva ogni 17 maggio. Tale abolizione dichiarata il 18 maggio u.s., stando alle dichiarazioni dell’ex presidente sloveno Borut Pahor e di alcune importanti associazioni slovene contrarie al provvedimento, ha sicuramente aggravato i rapporti politici interni della stessa Slovenia.

Dopo la presidenza di Borut Pahor quale posto hanno oggi in Slovenia le vittime delle foibe e in generale del terrore del regime di Tito?

Sicuramente il mondo associativo degli esuli giuliano-dalmati ha accolto la notizia    dell’abolizione della “Giornata in ricordo della violenza comunista” con grande sconcerto e non poche perplessità, così come alcuni politici italiani, tra i quali ricordo  il senatore Roberto Menia, il senatore Maurizio Gasparri e l’assessore regionale del Friuli Venezia Giulia alle Autonomie locali Pierpaolo Roberti, il quale ha rilasciato in merito alla questione un commento molto chiaro e condivisibile “La decisione del Governo sloveno di cancellare la Giornata nazionale per la memoria delle vittime della violenza comunista è un brutto segnale che riporta indietro le lancette della storia, dando un colpo di spugna morale a chi dei crimini dei comunisti titini, tanto italiani, quanto sloveni e croati, ha patito le atrocità. Da notare che la decisione del nuovo governo sloveno presieduto da Robert Golob ha preceduto di un giorno la visita ufficiale della Presidente della Slovenia Pirc Musar in Italia, la quale durante i vari colloqui ha fatto una proposta al Presidente Mattarella riguardante la “conciliazione tra i due Paesi”, di cui dirò in seguito e che ha bisogno di essere presa in esame non senza contropartita.

Il nuovo corso governativo sloveno in tema di riconciliazione sembra non tenere più in alcun conto nemmeno del principio stabilito il 19 settembre 2019 dalla Risoluzione del Parlamento europeo su “L’importanza della memoria europea per il futuro dell’Europa”. Uno dei punti fondamentali della suddetta Risoluzione, a cui il presidente della Società di studi fiumani Giovanni Stelli ha dedicato un lungo e circostanziato articolo sul numero 44 (2021) della Rivista di studi adriatici “FIUME”, riguarda proprio il riconoscimento delle vittime di quei paesi dell’Europa orientale che dopo la Seconda guerra mondiale rimasero assoggettati all’influenza  dell’ Unione Sovietica e vi si instaurarono dei regimi comunisti. La Jugoslavia allora guidata dal dittatore comunista Josip Broz detto Tito, è uno di quei paesi dove alle ingiustizie commesse dai regimi nazisti e fascisti hanno fatto seguito a guerra finita altre forme di ingiustizia organizzata. Nel paese balcanico ebbe luogo, dopo la sconfitta sul campo delle forze nazi-fasciste da parte dell’Armata popolare partigiana una rivoluzione comunista sotto la regia della polizia segreta Ozna (Sezione per la Difesa del Popolo). Tale processo rivoluzionario ha causato decine di migliaia di vittime tramite esecuzioni sommarie nelle foibe, nelle cave di bauxite, nelle miniere, nei vari campi di concentramento e addirittura nel mare. Tra queste vittime liquidate, tra il 1943 e il 1947, sommariamente e senza regolari processi almeno 8.000-10.000 erano italiani, ma oltre 100.000 erano sloveni e croati. L’opera di liquidazione sommaria veniva portata a termine da reparti speciali dell’esercito popolare jugoslavo denominati KNOJ (Corpo di Difesa Popolare Jugoslavo). Si trattava di una sistematica epurazione di massa sancita da uno Stato totalitario. E’ stato finalmente possibile dopo la lunga fine dell’ex Jugoslavia avvenuta tra il 1992 e il 1999, promuovere studi e ricerche dove è stato appurato che la maggior parte degli uccisi non avevano commesso né crimini di guerra né si erano distinti in particolar modo nei sistemi politici fascisti o filo fascisti. Del resto i cosiddetti tribunali popolari, che comunque non garantivano particolari tutele agli accusati, iniziarono a funzionare almeno in Istria o a Fiume solo nel gennaio 1946, quindi a guerra da tempo conclusa.

La proposta di “riconciliazione” della presidente slovena passa per l’ex campo di concentramento italiano di Kampor (isola dalmata di Arbe/Rab – Croazia). E’ sufficiente?

La presidente slovena Pirc Musar

Ora, si legge dalla stampa nostrana, che durante la visita di Stato a Roma, la presidente slovena per rafforzare il clima di “riconciliazione” si sia fatta portatrice di una proposta, a mio avviso parziale, alla quale la parte italiana deve essere adeguatamente bilanciata per il rispetto della verità storica. Si tratta di organizzare una visita durante il periodo di Gorizia-Nova Gorica capitale europea della cultura 2025, al memoriale presente a Kampor, località dell’isola dalmata di Arbe (Rab-Croazia), dove si trovava l’ex campo di concentramento italiano funzionante dal 1942 al 1943. In tale campo, organizzato e diretto dalle autorità militari italiane di occupazione, perirono per malattie, maltrattamenti e stenti circa 1.200 tra sloveni e croati provenienti dalle zone di guerra. Le cause della morte di così tanti civili sono naturalmente ingiustificabili e vanno più che degnamente ricordate. Tuttavia, tale proposta slovena senza prevedere un corrispettivo potrebbe ben difficilmente essere accolta da parte italiana; difatti il presidente Mattarella, si legge in alcuni giornali, sembra aver ritenuto tale proposta slovena al momento prematura e da ponderare in ogni caso con attenzione. Credo che il nostro presidente, considerata anche l’amicizia con l’ex presidente sloveno Pahor, sia ben conscio e informato delle differenti posizioni assunte recentemente dai nuovi vertici sloveni nei confronti della storia relativa al confine orientale nel secondo conflitto mondiale e soprattutto della posizione assunta oggi dal governo sloveno nei confronti del totalitarismo comunista jugoslavo. Il governo sloveno di Golob abolendo la “Giornata in ricordo della violenza comunista” è sicuramente tornato indietro ben prima del 1989, anno in cui avvenne il crollo del Muro di Berlino e di conseguenza, la riunione delle due Germanie e la fine dei regimi comunisti in Europa orientale.

Commemorare gli eccessi dei totalitarismi per un Europa migliore.

I  regimi totalitaristi del passato sembrano, alla rilettura dei fatti storici, assomigliarsi. Pertanto, senza equiparare i sistemi dittatoriali ma cercando di ripristinare un saggio equilibrio nel valutare il passato “ultra conflittuale” avvenuto nel continente europeo, si potranno creare le condizioni affinché anche nel versante italo-sloveno-croato si organizzino atti di commemorazione eticamente riparatori. Sono operazioni queste che possono preparare il terreno a una valida collaborazione, in grado di consolidare i valori su quali imperniare sempre più la futura cooperazione europea ad ogni livello: politico, economico, culturale e sociale. Pertanto se un giorno si organizzasse la visita dei presidenti italiano, sloveno e croato, al memoriale del campo di Kampor nell’isola di Arbe allora dovrebbe far seguito analoghe visite alla foiba di Pisino d’Istria e al famigerato campo di Borovnica in Slovenia, poiché ambedue i luoghi simboleggiano a dovere le vittime sia delle foibe e sia degli oltre sessanta lager di Tito disseminati in tutta la Jugoslavia di allora, da dove non tornarono più alcune migliaia di italiani e decine di migliaia di sloveni e croati. Solo a queste condizioni è possibile onorare nel nome dei principi di umanità e di pietà cristiana tutte le vittime dell’odio ideologico senza interessate censure e dunque rafforzare il clima positivo di riconciliazione messo in atto alla Foiba di Basovizza il 13 luglio 2020 dai due presidenti Mattarella e Pahor. Non bisogna dimenticare che simili commemorazioni trasmettono forti segnali soprattutto alle giovani generazioni, perché possano rendersi conto dei limiti e dei gravi errori compiuti in passato dai vari Stati europei.        

A Roma la Mostra “Ierimo, semo, saremo” su esodi e migrazioni dalla Venezia Giulia

Fino al 9 giugno nella sala del Cenacolo del Complesso di Vicolo Valdina

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https://www.dire.it/30-05-2023/915976-a-roma-la-mostra-ierimo-semo-saremo-lemigrazione-giuliana-nel-mondo/

La polizia croata cerca i resti di Don Francesco Bonifacio, trucidato in Istria dai titini

Beatificato nel 2008, scomparve l’11 settembre 1946 per opera delle “guardie popolari”.

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https://lavoce.hr/cronaca/capodistriano/don-francesco-bonifacio-scoprire-il-luogo-dei-resti